Tunu - 'Dieci giorni da Beatle', la recensione
Un punto di vista originale per analizzare il mito dei Beatles; gli occhi dell'unico musicista che si esibito in pubblico con loro
30/10/20132 giugno 1964: "Vuoi entrare in Paradiso?" La domanda, come raccontato da Francesco Di Giacomo nella prefazione, di una semplicit disarmante. Quel che non ben spiegato nella domanda "per quanto tempo". Il libro di Sergio Algozzino, Dieci giorni da Beatle, edito dai tipi della Tunu, il frutto di almeno tre passioni, molto forti, dell'autore, che ha realizzato sia i testi che i disegni. Le passioni? Presto detto. Il fumetto, ovviamente, al quale ritorna con un volume lungo dopo un po' di tempo e non senza fatica nel riprendere il ritmo di lavoro professionale. La musica, in seconda battuta, intesa come musica tutta. I Beatles, poi, oggetto di studio e attenzione anche prima di doversi documentare per il volume. Anzi, da quanto racconta l'autore nell'intervista a noi concessa, gran parte delle informazioni e delle fonti utilizzate per portare a termine questo lavoro erano gi parte del suo bagaglio culturale.
E il fatto che ben tre passioni siano alla base di questo volume non pu che far ben sperare.
La storia, presto detto, quella di Jimmie Nicol, batterista turnista inglese che ebbe l'onere e l'onore di sostituire Ringo Starr, batterista ufficiale dei Beatles, in alcune tappe di una tourne mondiale dei Fab Four. In Australia, dopo molti anni, si trova, questo l'espediente narrativo utilizzato da Algozzino per narrarci le su vicende con un racconto in prima persona incalzato dalle domande di un ragazzino che ha saputo della piccola esperienza con quel gruppo inglese.
Il volume allo stesso tempo amaro e dolce; riserva molte pagine dolci, come quelle in cui i quattro intrattengono il pubblico, generando quella magia che all'epoca fece impazzire il mondo e che, infine, venne riconosciuta anche da un riluttante Nicol.
Altres dolce nella parte finale, quando, almeno nella sua percezione delle cose e da un piccolo riscontro segnalato poi dall'autore, scopre che una canzone dei Beatles aveva preso il titolo da un commento che in quei concerti con i Beatles lui stesso faceva in risposta alla richiesta "come andata questa volta?" ("it's getting better all the time" era la risposta e Getting better il titolo della canzone).
L'amaro, invece, molto pi presente nelle pagine, disegnate con attenzione da Algozzino, con qualche piccola incertezza ma tutto sommato una buona variet di movimento di camera ed una buona gestione del colore acquerellato.
Di fondo potrebbe essere infatti indicata come la storia di un perdente; un batterista che non ha mai saputo far della musica, la passione della sua vita, un lavoro di successo, limitandosi a fare e rifare sempre le stesse cose, senza spunti originali, senza salti in alto. Un batterista che ha avuto l'occasione di giocare a calcio con i Pel del tempo ma che non solo l'ha potuto fare per poco, ma che anche non riuscito, come si suol dire, a capitalizzarla. Venendo additato per poco, dopo l'evento, come l'unico che avesse mai suonato in pubblico con i Beatles e poi dimenticato, perfino ignorato in occasione di incontri pubblici dagli stessi ragazzi di Liverpool con i quali aveva condiviso gioie e follie dei dieci giorni del titolo del volume.
Il personaggio principale della storia viene ben delineato dall'autore anche nelle sue puntigliosit, nel suo essere testardo e bambino, nel suo rifiutare di ammettere che i Beatles sono un gruppo di successo meritato, nel suo fantasticheggiare (e qui non c' riferimento che tenga, chiaramente farina del sacco di Algozzino, e anche buona a dire il vero) su un eventuale incidente a Ringo Starr mentre stava per raggiungere, guarito, il gruppo in tourne, al fine di poterlo sostituire per sempre.
Ci piace indicare un paio di espedienti grafici che l'autore ha usato per sottolineare alcune cose che riteneva importanti. In primis il racconto autobiografico in prima persona dei primi anni di carriera di Nicol un racconto, come dicevamo, fondamentalmente triste, piatto, in una sola parola grigio. Grigio infatti il colore con il quale viene disegnato, in contrapposizione al colore del presente, di Jimmie che racconta. Ma proprio cos non a dire il vero; in prima battuta, anche nella routine e nella vita grigia e triste del protagonista i piatti (ride o crash o charleston che siano) sono colorati, ci piace pensare che cos sia perch sono l'unica nota (ops?) di colore nella sua vita, l'unica cosa che valga, alla fine. E non proprio cos perch il racconto del passato, grigio, si colora d'improvviso alla prima esibizione live alla quale assiste. Altro piccolo espediente, e chiudiamo, come viene mostrato, nei famigerati ormai dieci giorni, il livello che Jimmie ha della conoscenza degli altri Beatles. All'inizio, per ammissione del protagonista, non aveva in pratica neanche la forza di guardarli in faccia, anche se alla fine erano ragazzi pi o meno come lui, stesse origini, stessa et, stesse passioni. Poi, con i primi contatti e le prime chiacchiere e pacche sulle spalle ogni scarafaggio (fino a quel punto disegnato in pratica senza faccia) acquista i suoi lineamenti, visto che entrato nel mondo del protagonista. Ultimo, e forse pi importante, a entrare in rapporto con il nostro George Harrison, protagonista di alcune riflessioni molto apprezzabili, condivisibili per l'epoca e sicuramente valide anche oggi, magari anche maggiormente valide.
In generale, per chiudere, un albo che incuriosisce e che tratteggia la storia di un personaggio minore, in grado solo di sfiorare, per poco, il grande successo dei Beatles ma comunque abbastanza da rimanerne colpito, nel bene e nel male, per tutta la vita.
Valido, l'albo, sia per gli appassionati dei Fab Four, sia per chi vuole affondare i denti in una storia malinconica di un normale musicista che per dieci giorni entr in Paradiso.
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