Pasquale Frisenda

Settima arte (22): 'Il silenzio degli innocenti' di Jonatham Demme (1991)

Video, immagini e brevi informazioni su film e documentari che hanno segnato la storia del cinema (o solo il mio immaginario).

18/07/2015
Settima arte (22): 'Il silenzio degli innocenti' di Jonatham Demme (1991)


Il silenzio degli innocenti
di Jonathan Demme (The silence of the lambs - USA - 1991)

Con: Jodie Foster, Anthony Hopkins, Scott Glenn, Anthony Heald, Ted Levine, Charles Napier, Frankie Faison, Kasi Lemmons, Brooke Smith, Paul Lazar, Dan Butler, Lawrence T. Wrentz, Stuart Rudin, Diane Baker, Ron Vawter, Roger Corman, George A. Romero (solo in un cameo).

"Io e il pubblico sappiamo quel che i bambini imparano a scuola, coloro a cui male è fatto, male faranno in cambio."
(estratto da 1° settembre 1939 di Wystan Hugh Auden, poesia scritta il giorno dell'inizio della Seconda Guerra Mondiale)

"Prima regola, Clarice: semplicità. Leggi Marco Aurelio, di ogni singola cosa chiediti che cosa è in sé, qual è la sua natura. Che cosa fa l'uomo che cerchi?"
"Uccide le donne."
"No, questo è accidentale. Qual è la prima, la principale cosa che fa? Uccidendo, che bisogni soddisfa?"
"Rabbia. Essere accettato socialmente. Frustrazione sessuale..."
"No! De-si-de-ra. Questo è nella sua natura. E come cominciamo a desiderare, Clarice?"
(dialogo tra Hannibal Lecter e Clarice Starling sul caso del serial killer Buffalo Bill)

"Homo homini lupus."
(Plauto - Asinaria. "L'uomo è lupo per l'uomo" è un proverbio che allude al profondo egoismo dell'essere umano. Assunto in maniera assoluta dal filosofo Thomas Hobbes nella sua opera De cive/Il cittadino, pubblicata nel 1642, in cui si definisce che a determinare le azioni dell'uomo sono soltanto l'istinto di sopravvivenza e quello di sopraffazione)

"Clarice Starling, una recluta dell'FBI, viene incaricata da Jack Crawford, il suo diretto superiore, di andare a parlare con il dott. Hannibal Lecter, fine psichiatra e uomo colto ed estremamente raffinato, ma anche feroce assassino e con una spiccata tendenza per il cannibalismo, e per questo detenuto in un manicomio criminale. Crawford spera che il notevole acume e la grande esperienza di Lecter in materia, già dimostrata in passato, potrebbero aiutarli a catturare un serial killer attualmente in attività e conosciuto con il sopranome di Buffalo Bill, che ha già ucciso e scuoiato cinque donne. Clarice accetta l'incarico, e si reca all'appuntamento con Lecter. Ne è in parte intimorita, ma fra lei e Lecter si instaura quasi da subito uno strano rapporto, fatto di risposte dirette e sincere (anche se quelle di Lecter sono ambigue e spesso da decifrare) e intime confessioni da parte della donna, cosa che fra l'altro è la condicio sine qua non posta dall'ex psichiatra per aiutare la giovane recluta: ad ogni consiglio ricevuto, Clarice dovrà raccontare, e senza mai mentire, qualcosa di lei, della sua vita passata e presente, compresi i suoi più dolorosi ricordi. In cambio di questi, lei verrà messa sulla strada giusta per arrestare il killer, che intanto ha già rapito un'altra donna..."

Tratto dall'omonimo romanzo di Thomas Harris, Il silenzio degli innocenti si rivela sin da subito come uno dei migliori thriller mai realizzati, e di certo uno dei film più interessanti ed influenti degli anni '90 (da allora non si contano le pellicole che si sono rifatte esplicitamente o solo parzialmente a questa opera, arrivando anche alle parodie).
Diretto con grande sicurezza e notevole senso del racconto da Jonathan Demme, regista che fino ad allora non aveva mai trattato il genere in questione, Il silenzio degli innocenti (il titolo fa riferimento ad uno dei più dolorosi ricordi di Clarice Starling) è capace di scavare in profondità nelle emozioni dello spettatore, generandogli un forte senso di inquietudine.
Nonostante la materia trattata, e senza mai cadere nel sensazionalismo, Demme riesce a confermare il suo talento visivo, la sua sagacia nel creare tensione e la capacità di caricare le immagini di forte intensità (straordinari in tal senso i primissimi piani fatti al personaggio di Hannibal Lecter - criticati dalla produzione durante la lavorazione perché ritenute inquadrature troppo televisive, ma ostinatamente voluti dal regista - che invadono tanto lo schermo cinematografico quanto la mente di chi guarda il film).

Il film si è guadagnato meritatamente la sua fama, anche se l'elemento che fa lo emergere in maniera decisa è senza ombra di dubbio la notevole adesione al progetto offerta da tutto il cast, a cominciare proprio da Anthony Hopkins (ingaggiato da Demme ripensando alla sua interpretazione in The Elephant man, ma per il ruolo di Hannibal Lecter furono presi in considerazione anche: John Hurt, Christopher Lloyd, Patrick Stewart, Louis Gossett Jr., Robert Duvall, Jack Nicholson, Robert De Niro e Jeremy Irons), che offre una prova d'attore di tale perfezione e bravura da consegnarlo direttamente alla storia del cinema.
Hopkins è presente in appena sedici minuti del film, sicuramente una delle più brevi interpretazioni ad aver meritato il Premio Oscar, ma per prepararsi al ruolo l'attore partecipò a diversi processi in cui erano imputati dei serial killer e visionò videointerviste fatte a molti di loro: proprio grazie a questo lungo lavoro preliminare, nei primi piani citati, l'attore decise di far sbattere raramente le palpebre al suo personaggio, dettaglio notato da Hopkins in Charles Manson (noto per essere stato il mandante di due dei più efferati omicidi della storia degli Stati Uniti d'America), che lo aveva reso ai suoi occhi ancora più inumano.
E Lecter è una creatura inumana, di sicuro, priva di qualunque capacità di empatia verso il prossimo se non attraverso il dolore e le angosce presenti nell'anima altrui (e che sembrano appagarlo), ma lo è in maniera lucida, consapevole e persino compiaciuta (uno psicologo parlerebbe di disturbo narcisistico), come se, diventando così, avesse raggiunto uno scopo, forse l'unico che ha sentito davvero importante nella sua vita.
Nessun dettaglio sulla figura di Hannibal Lecter fu trascurato nel film, dai suoi movimenti, sia in cella che all'esterno, e ancora meno alle sue espressioni (in una sequenza tagliata ma presente negli extra dell'edizione dvd del film, dove Lecter descrive nel dettaglio la psicologia di Buffalo Bill, la recitazione di Hopkins è davvero incredibile, e l'intensità della scena viene sottolineata da una crescente - e innaturale - luce rossa che lo illumina dal basso. L'attore colse diverse similitudini fra il personaggio Lecter e il computer Hal 9000 di 2001: Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick: entrambi complessi, intelligentissimi, macchine di morte molto logiche che sembrano sapere tutto ciò che accade intorno a loro), e ovviamente i suoi gusti in fatto di letture, cucina o musica (in particolar modo sembra prediligere le di Johann Sebastian Bach).
Anche la pettinatura, con i capelli tirati completamente indietro, fu voluta da Demme, in modo da far "emergere" la fronte di Hopkins, e suggerire allo spettatore che "la testa di Hannibal Lecter è così piena di cose che potrebbe esplodere da un momento all'altro".

Assolutamente di pregio è anche l'interpretazione di Jodie Foster, davvero brava nel rappresentare i dubbi e i tormenti interiori (spesso trattenuti) della giovane Clarice Starling (un nome non scelto a caso da Thomas Harris: il nome significa chiarezza, razionalità, per sottolineare la netta contrapposizione fra lei e Buffalo Bill, ma anche ad Hannibal Lecter. Anche nel cognome ritorna questo richiamo alla chiarezza: "Star" - stella, in inglese - e "ling", che per assonanza richiama la parola tedesca licht, ovvero illuminazione).
Fu lo sceneggiatore Ted Tally (premio Oscar proprio per Il silenzio degli innocenti) a suggerìre la Foster per il ruolo della giovane recluta, ma Demme la pensava sbagliata per la parte e avrebbe voluto invece ingaggiare Michelle Pfeiffer (che fu effettivamente contattata ma che però rifiutò perché riteneva il soggetto del film troppo violento).
Demme quindi decise d'incontrare la Foster, e la ingaggiò subito dopo, in quanto aveva visto nel provino da lei fatto una forza e una determinazione assolutamente perfette per il personaggio.

La Foster raccontò che durante la scena del primo incontro tra Starling e Lecter, Anthony Hopkins si mise ad imitare, per sbeffeggiarla e senza che lei lo sapesse, l'accento del sud del suo personaggio femminile; la cosa fu assolutamente improvvisata (e naturalmente nella versione doppiata si perde), ma la reazione di risentimento dell'attrice fu genuina perché si sentì attaccata e offesa dal celebre attore inglese, ma successivamente ringraziò Hopkins per essere stato capace di suscitarle una tale reazione e il loro rapporto nelle scene successive divenne più sciolto e sicuro.
Sempre in fatto di improvvisazioni, fu sempre Hopkins ad inventare il famoso verso che fa alla Foster alla fine del loro primo incontro: lo immaginò prima di girare la scena, sul set, e una volta finite le riprese la cosa piacque moltissimo a tutti, tranne a Demme che ne fu un po' infastidito, anche se, capendone l'efficacia, negò l'irritazione e si tenne la scena.
Per creare poi l'illusione di una maggiore intimità tra i due durante il primo incontro nelle celle del penitenziario dove Lecter è rinchiuso, allo scenografo Kristi Zea venne l'idea di usare delle pareti di plexiglass al posto delle sbarre per la cella, elemento che Demme riteneva troppo castrante per il loro rapporto (e così facendo, infatti, in alcuni momenti sembra che non ci siano barriere tra lui e lei).

"Clarice è una vera eroina, quasi di stampo epico. Lei deve "lottare contro i demoni per arrivare a conoscere se stessa". Deve dissotterrare la verità dal profondo delle tenebre, della menzogna e della follia.", così Jodie Foster descisse il suo personaggio.
"Clemenza comprensiva" è la migliore definizione per descrivere l'atteggiamento di Clarice Starling davanti a Hannibal Lecter; lei lo osserva e l'ascolta, ma senza chiudersi e né lasciarsi soggiogare dal suo animo complesso e terribilmente manipolatore.
Sostiene fermamente ("sustine et abstine", dicevano i filosofi greci cari anche a Lecter, cioè "sopporta il dolore e astieniti dai beni apparenti") la sua posizione dinanzi a lui, senza allontanarsi né dalla paura che gli incute né dalla fedeltà al suo dovere: Clarice personifica la sintesi di stoicismo (e cristianesimo) annunciata dai cartelli presenti nel bosco che circonda la sede dell'FBI dove lei si allena quotidianamente e che si vedono all'inizio del film.
La Foster dà vita ad un personaggio risoluto e intelligente, ma anche fragile, perseguitato da eventi passati che riesce a controllare ma non a superare.
Una donna in lotta con un mondo di uomini che non mancano di sottolineare in maniera più o meno pesante il fatto che è lei ad essere fuori posto.

La Foster, Demme, Scott Glenn e poche altre persone del cast andarono anche alla sede dell'FBI di Quantico a studiare teorie del criminal profiling, l'apprendere la tecnica dell'uso di armi da fuoco ed altre lezioni di crinimologia.
Per meglio prepararli alle loro parti, a Hopkins e alla Foster furono consegnati dei nastri che alcuni serial killer avevano registrato mentre torturavano e uccidevano le proprie vittime, ma sembra che nessuno dei due abbia voluto ascoltarli.  
Scott Glenn invece, dopo aver sentito alcune di queste registrazioni (le torture erano state registrate in un furgone), pare abbia cambiato idea riguardo alla pena di morte.
Glenn, per il ruolo di Jack Crawford, il capo della divisione dell'FBI in cui opera la Starling, si consultò anche con John E. Douglas, a cui era stata inizialmente offerta addirittura la parte nel film, cioè il vero capo di quella sezione dell'FBI, la Behavioral Analysis Unit o BAU (Unità di analisi comportamentale), precedentemente nota come BSU (Behavioral Science Unit), e persona che si mobilitò molto per crearla.
Douglas ha poi raccolto alcune sue esperienze in diversi libri scritti con il giornalista Mark Olshaker, tra cui Mind hunter (di cui consiglio la lettura).

L'FBI rimase impressionata dall'accuratezza con la quale il film mise in scena le loro metodiche investigative, tuttavia protestò per una scena nel finale (quello che riguarda il personaggio della Foster), dal momento che l'FBI non manderebbe mai allo sbaraglio una recluta in quel modo (anche se nel film la cosa accade in maniera accidentale).

Dopo essere stato scelto per interpretare Buffalo Bill, anche l'attore Ted Levine fece parecchie ricerche per sviluppare al meglio il suo ruolo.
Jame Gumb, chiamato Buffalo Bill negli articoli sui giornali a causa del fatto che scuoia le sue vittime, è un personaggio che è la combinazione di tre serial killers davvero esistiti: Ed Gein (1906-1984) che, fra le altre cose che è stato capace di fare, scuoiava e mummificava le proprie vittime per poi utilizzarne i resti per arredare casa sua. Un tremendo caso di cronaca nera degli anni '40, quello di Gein, che è servito anche allo scrittore Robert Bloch come spunto per scrivere la trilogia letteraria di Psycho, e al regista Tobe Hooper per sviluppare la trama del suo cultmovie Non aprite quella porta (The Texas chainsaw massacre - 1974); Ted Bundy (1946-1989), che ha spesso usato delle finte ingessature per rendersi mite agli occhi del prossimo, e farsi così avvicinare e aiutare dalle donne che aveva preso di mira e poi irrimediabilmente ucciso; e Gary Heidnick (1943-1999), che aveva l'abitudine di tenere le donne che rapiva e torturava prigioniere in un pozzo nel suo scantinato.
Levine lesse parecchie biografie di serial killer, cosa che, disse, trovò molto disturbante, e girò anche per bar frequentati da travestiti, nei quali si mise ad intervistare i clienti per farsi un'idea di quel mondo.
Buffalo Bill rimane indietro nel confronto con la più penetrante figura di Lecter (forse anche perché nel film mancano diverse parti del suo passato e della sua infanzia, raccontate invece nel romanzo), ma nonostante questo il personaggio è diventato un classico della psicopatologia nel cinema (celebre rimane la scena della danza - sulle note della psichedelica di Q Lazzarus - che il personaggio fa in un momento di euforia quando sta per completare la sua opera, e scena voluta proprio dall'attore, a quanto pare) e l'interpretazione di Levine è sicuramente degna di nota.

Anche l'ispirazione per il romanzo di Harris fu il rapporto istauratasi fra il professore di criminologia dell'Università di Washington Robert Keppel e Ted Bundy, che aiutò Keppel nella ricerca del serial killer di Green River.
Bundy fu giustiziato il 24 gennaio 1989, mentre il caso di Green River rimase irrisolto fino al 2001, quando per quei crimini fu arrestato Gary Ridgway.

Il silenzio degli innocenti è uno dei pochi film ad aver vinto contemporaneamente l'Oscar come miglior film, miglior attore protagonista, miglior attrice protagonista, miglior regia e miglior sceneggiatura non originale.

Precedentemente al film di Demme, il personaggio di Hannibal Lecter era già arrivato sul grande schermo in Manhunter - Frammenti di un omicidio, film del 1986 diretto da Michael Mann e sempre tratto da un romanzo di Thomas Harris, Drago rosso (Red dragon, del 1981, noto in Italia anche con il titolo I delitti della terza Luna), dove troviamo una trama curiosamente simile (Lecter aiuta un agente FBI, in questo caso quello che lo ha arrestato, a scovare un serial killer) e dove anche molti personaggi sono già presenti, a cominciare ovviamente da Hannibal Lecter (interpretato in quel caso, e con un po' di maniera, da Brian Cox), Jack Crawford (Dennis Farina in Manhunter, Scott Glenn ne Il silenzio degli innocenti), il dottor Frederic Chilton (Benjamin Hendrickson in Manhunter, Anthony Heald ne Il silenzio degli innocenti).
Dato però l'insuccesso al botteghino di Manhunter (film visivamente molto interessante ma che da un ritratto forse troppo glaciale - o troppo "elegante" - della materia in questione), la nuova produzione non fu pubblicizzata come il diretto seguito del film di Mann, e tutti gli elementi presenti nel libro Il silenzio degli innocenti che facevano riferimento alle vicende narrate nel Drago rosso scomparvero nel film diretto da Jonathan Demme.

Il silenzio degli innocenti non è esente da difetti, più o meno evidenti (un esperto in scienze forensi ha fatto notare, ad esempio, come nell'autopsia ad una delle vittime di Buffalo Bill siano stati compiuti almeno 8 errori), ma la complessa lavorazione, sia in fase di scrittura che di realizzazione, che include una ricca ricerca e infiniti riferimenti simbolici ed esoterici, ha comunque concesso al film di arrivare ad essere un punto fermo e di assoluto riferimento nella storia dei thriller cinematografici. 

Tutti i film dedicati alla figura del dott. Lecter sono ovviamente tratti dalle opere di Thomas Harris, ma in questo caso, oltre all'ottimo materiale offerto dal romazo, il lavoro fatto dal regista Jonathan Demme e dallo sceneggiatore Ted Tally è il valore aggiunto che ha portato a determinati risultati, così densi e profondi.
La cura in fase di racconto, sceneggiatura e regia, la messa in scena delle varie sequenze, la precisa e indovinata scelta di ambientazioni e atmosfere (quest'ultime ottenute anche grazie all'ottima fotografia di Tak Fujimoto), l'attenzione infinita verso i personaggi, le loro psicologie e motivazioni, che non sconfinano mai verso l'irrealtà (ma anzi fanno paura perché li si sente veri, possibili e anche vicini), fanno da subito emergere l'opera in questione da un mare magnum di produzioni simili, e dove gli infiniti dettagli, simboli e riferimenti non diventano mai dei meri e pedanti orpelli a differenza di quelo che accade in molte altre pellicole.
Una ricerca della "conoscenza del dolore" (che in Europa, in ambito cinematografico, si può notare nei lavori di registi come Andrei TarkovskyKrzysztof KieslowskiRobert BressonErmanno OlmiTheo AngelopoulosAndrzej ZulawskiFritz Lang o Ingmar Bergman) e della miseria umana (fisica e mentale), dove, una volta tolti i veli della finzione e delle convenzioni sociali, quello che viene a galla è sempre e solo l'unica realtà possibile, che consiste sempre e solamente in "passione" e "desiderio", o, se si vuole, "sopraffazione". 

Una ricerca infinita, perché la materia in questione è infinita, e dove i confini tra il bene e il male si confondono, come anche tra chi è il carnefice e chi la vittima o tra chi è il forte e chi il debole.
"Non esiste nome per ciò che lui è", dice ad un certo punto di Lecter la Starling, però, e già a partire dalla fase iniziale del loro primo incontro e duello di bramosie, di desideri e di intenzioni, il primo che abbassa gli occhi è Lecter (e per diverse ragioni), e non lei, che ha molta più paura di lui ma gli tiene testa.
Secondo alcuni psichiatri, il male è visto come un insieme di assenze che si sommano e si appoggiano al lato oscuro o mal conosciuto delle (nostre) cose, e il fascino per il male arriverebbe proprio da quelle zone dell'anima che ci sono più sconosciute, e quindi dall'inconscio, l'immenso deposito di tutti i nostri desideri, quelli che rifiutiamo, consapevoli comunque di avere, quelli che temiamo, e anche quelli che non riusciamo né a capire né a vedere.
Cercando di sfuggire al nostro inconscio si cercano altre strade, nella speranza di ottenere una via di fuga o un perdono.
È precisamente questo il lato che la Starling non sottrae a Lecter: quando lui tenta di smascherarla psicologicamente, lei non fugge dal suo sguardo penetrante e indagatore; lei cerca la verità, anche in se stessa, e anche a costo di ricevere (nuovo) dolore, e un diavolo (come è Lecter) può arrivare solo ad ammirare un tale desiderio.

Solo per far capire il livello di attenzione posta dagli autori nella realizzazione del film, dove quasi nessun dettaglio o dialogo non contiene altri rimandi o significati, si può ad esempio prendere in esame il manifesto, dove compare una falena "Testa di morto" della specie Acherontia atropos, un particolare insetto che ha un disegno sul dorso somigliante a un teschio, ma il teschio nel dorso delle falene presenti nel film deriva dal dipinto In Voluptas Mors di Salvador Dalì, che rappresenta sette donne nude sistemate in modo che prendano la forma di un teschio.
Altro riferimento artistico presente nella pellicola è la posizione del corpo del poliziotto ucciso e appeso ad una parete dlla cella che teneva prigioniero Lecter verso la seconda parte del film, che ricorda un dipinto di Francis Bacon.
Durante il primo incontro con Clarice, poi, il dott. Lecter dice di aver mangiato il fegato di una sua vittima, insieme a delle fave e un buon bicchiere di Chianti.
Sia il fegato, che le fave e il vino contengono una sostanza chiamata tiramina che può essere altamente tossica se associata ad alcuni tipi di antidepressivi noti come I-MAO (o IMAO, inibitori della monoamino ossidasi), e questo tipo di antidepressivi furono fra i primi ad essere prodotti ed usati negli istituti psichiatrici (e Lecter lavorò in tali istituti).
Sempre durante il loro primo incontro, Lecter descrive alla donna un suo disegno del Duomo di Firenze visto dal Belvedere: questo, in verità, è uno dei primi indizi che il mefistofelico personaggio da all'ancora inesperta recluta su dove si trova Buffalo Bill, che in effetti abita a Belvedere, in Ohio.
E su questa linea si potrebbe continuare a lungo.

Il risultato è un thriller che pur senza appoggiarsi a consolidati clichés "acchiappapubblico" (sesso o nudità gratuite, inseguimenti, sparatorie, esplosioni, aspetti romantici) garantisce una spettacolarità narrativa e una tensione che nel film rimangono sempre ad altissimi livelli.

Come detto, Il silenzio degli innocenti fu ed è ancora una pellicola di forte impatto emotivo, che non solo il passare del tempo non ha scalfito ma che è stata anzi ispiratrice di un vero e proprio filone legato ai serial killer, sia al cinema che in televisione (fra telefilm o programmi televisivi).
Il personaggio di Hannibal Lecter è poi tornato più volte al cinema, ma mai, bisogna dire, con questa potenza di linguaggio ed efficacia narrativa.
Dopo il già citato Manhunter - Frammenti di un omicidio (1986) di Michael Mann, arrivano Hannibal (2001), per la regia di Ridley Scott (una regia abbastanza svogliata, va detto, nonostante qualche felice intuzione visiva del regista inglese, soprattutto nella sequenza ambientata a Firenze, ma il film partiva già dall'omonimo e debole romanzo di Harris, ben lontano dalle ottime prove offerte dallo scrittore nel Drago rosso e ne Il silenzio degli innocenti. Qui invece l'unico aspetto interessante del romanzo è il fatto che si accenna per la prima volta, anche se lievemente, al passato di Lecter - un dettaglio che Thomas Harris prende dalla vicenda umana di un altro serial killer, Andrej Romanovič Čikatilo, meglio noto come il Cittadino X, Il mostro di Rostov o Il comunista che mangiava i bambini -, ma elemento che nel film scompare); Red Dragon (2002), diretto da Brett Ratner (remake del film di Mann, ma che, pur rimanendo stavolta maggiormente fedele al romanzo di Harris da cui è tratto e pur avendo di nuovo l'ottimo Ted Tally come sceneggiatore e anche un cast di tutto rilievo, non riesce a superare in nulla il precedente film, che è sicuramente una lettura più personale e intrigante. Ma Mann è un autore, mentre Ratner un buon mestierante. Ad oggi, comunque, Red dragon può essere considerato il vero prequel de Il silenzio degli innocenti, mentre Manhunter è e resta un film a parte); Hannibal Lecter - Le origini del male (2007), di Peter Webber (anonimo e curiosamente persino un po' ridicolo racconto sulla gioventù del personaggio, che non riesce mai ad inquietare. Anche questo tratto da un romanzo di Harris che sa solo di pura e anche un po' sfacciata operazione di marketing); e infine l'interessante serie televisiva Hannibal, prodotta a partire dal 2013 e dove il geniale ma folle psichiatra è interpretato da un convincente Mads Mikkelsen e il determinato Will Graham, l'agente dell'FBI dotato della scomoda capacità di identificarsi con la psicologie più disturbate tanto da prevederne le mosse e che riesce quindi a smascherare Lecter (già interpretato da William Petersen nel film di Mann, e da Edward Norton in quello di Ratner) ha invece il tormentato volto di Hugh Dancy (gli avvenimenti cronologici si collocano prima dell'arresto di Hannibal Lecter, e quindi prima dei fatti narrati nel Drago rosso, ma anche quel romanzo arriverà comunque a essere trattato ).

Vincitore nel 1992 di diversi premi Oscar, tra i quali quello per il Miglior film, Migliore regia, Miglior attore protagonista, Miglior attrice protagonista, Migliore sceneggiatura non originale (ma era in concorso anche per Miglior montaggio e il Miglior sonoro), nel 2011 Il silenzio degli innocenti è stato scelto per essere conservato nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

Buona visione!

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