Intra Monisterio, l'introvabile numero Zero di Anno Domini
A distanza di 14 anni torner nuovamente disponibile in formato digitale grazie a PostCardCult
24/05/2013Io ho iniziato un po’ tardi a voler fare davvero fumetto.
Ho sempre scritto, inventando racconti più o meno brevi, a volte orribilmente illustrati dal sottoscritto; ma scrivere era un passatempo, qualcosa che facevo da solo, per me, ingrugnito in cameretta ringhiando a chiunque tentasse di avvicinarsi per sbirciare qualcosa. Credo che l’idea di appendere un cartello con su scritto “chi tocca muore” quelli dei pali elettrici l’abbiano presa dalla mia scrivania.
Sì, ok, ho scritto anche un mucchio di avventure per giochi di ruolo, ma quella non era narrativa, era una roba diversa.
Poi, intorno ai 15 anni, mi ritrovo fidanzato con una ragazza che fa il liceo artistico. Disegna, e le piacciono i fumetti. Così, grazie all’obiettivo ciuffa, la soglia di attenzione relativa all’argomento disegno/fumetto sale, e scopro che esistono fiere dei fumetti!
Ce ne sarebbe stata una a breve, nel Centro Congressi Quark Hotel a Milano.
Sia per dare una mano a lei, sia per curiosità personale, gliene parlo e decidiamo di andarci.
Data l’età, nessuno dei due è automunito, il Ciao Piaggio avrebbe fuso per portarci in due fin là… va bene fare avanti e indietro tra i paesi, anche in sella in tre, o con cinque amici in bicicletta attaccati reggendosi al gomito l’un con l’altro… ma qui sono più di trenta chilometri, e il povero ciclo ha già la sua età, essendo stato ereditato da mia sorella grande. In realtà io ero convinto che ce l’avrebbe fatta, una volta era finito in un canale pieno d’acqua, d’inverno, (con me sopra ovviamente) e ritirato fuori era ripartito come se nulla fosse… lui, io mi sono fatto un paio di settimane di polmonite.
Comunque, non divaghiamo, dicevo della mia prima fiera del fumetto!
Così ci si imbarca in un viaggio tra autobus e metropolitana di circa un ora e mezza, che la domenica i mezzi son più scarsi, ma alla fine ci si arriva.
E’ una bolgia. Colorata, divertente, appassionante; ma la cosa che mi colpisce di più, è la massiccia presenza di piccoli gruppi di gente di tutte le età, che propone opere proprie.
Autoproduzioni, fanzine, albetti quasi fatti in casa (anzi, senza il “quasi”).
Ne sfoglio, ne compro, mi fermo a chiacchierare.
Da lì, all’idea di collaborare con una di queste cose strane, il passo è breve. Certo continui a scrivere gratis, certo ci metti anche i soldi per pubblicare, che il tipografo mica regala, certo ci sarà da andare in giro per fare interviste, scrivere articoli su mostre, partecipare a incontri vari però… però si fa anche fumetto.
“Mai scritti?”
“No, ma ci voglio provare!”
Nell’arco dei tre o quattro anni successivi, pubblico, (pardòn, autoproduco) una manciata di storielle di tutti i tipi, di cui la più lunga è di sei pagine! Forte di questa esperienza (risate fuori campo) la fame aumenta, e butto giù il progetto per una serie. La prima avventura sarà addirittura di 24 pagine! La cosa mi diverte e mi spaventa, 24 pagine mi sembrano davvero un’enormità. L’idea che io possa esordire in edicola, una valangata di anni dopo, con la mia prima storia di Zagor di 320 pagine, non mi sfiora neppure!
L’ambientazione sarà il periodo che conosco meglio, il medioevo, e il genere quello preferito e cioè l’umoristico. Insomma, un po’ Compagnia Della Forca, Un po’ Armata Brancaleone, una cosa così, ma con dentro un po’ di Asterix (anzi, di Obelix), di Altai & Jonson.
C’è un problema, però, da alcuni anni ho la coscienza di essere incapace come disegnatore, oltre al fatto che scrivere mi appassiona molto, ma molto di più. Perciò, mi serve qualcuno abile coi pennelli.
La fidanzata è ormai diventata un ex, e con gli altri ragazzi del gruppo non c’è l’affiatamento necessario a creare qualcosa di così impegnativo (24 pagine!).
Parliamo del 1998, non esistono Deviantart e Facebook, le fiere sono pochissime, costose e distanti, e le scuole del fumetto si contano sulla punta delle dita in tutta Italia (direi tre o quattro, non di più); così, un po’ sconsolato, attendo.
Poi una mattina, bigiando la scuol... ehm, no, intrattenendo relazioni sociali mattutine, faccio quattro chiacchiere con Omar, l’edicolante di Uruguay (no, non lo stato sudamericano, ma la fermata metropolitana milanese), grande appassionato di fumetti, che esordisce con: “Ehi, ma ce l’ho io un disegnatore bravissimo!” ed estrae da un vano nascosto tra la Rivista Di Padre Pio e Corna Vissute, un bustone di carta tutto spiegazzato, che contiene un bel po’ di disegni. Per me, uno più bello dell’altro.
"È un mio amico, si firma NatClem!”
“Fico!... me lo fai conoscere?”
“mmm… difficile, sta a Roseto degli Abruzzi!”
Come siano arrivati quei disegni dalle foci del Vomano al sotterraneo milanese rimarrà sempre un mistero. Ma uno così non me lo voglio far scappare. C’è un numero di telefono, chiamo.
L’anno successivo, di nuovo alla fiera del Quark Hotel, a Milano, presento orgoglioso, su un banchetto lungo un metro e mezzo, in condivisione con altri autoprodotti, il numero zero di Anno Domini che, al prezzo di tremilalire viene letteralmente spazzato via da chiunque ci passi vicino.
Da quel giorno ad oggi, con fortune alterne, Anno Domini continua ad esistere, anche se i miei impegni bonelliani mi impediscono di dedicargli il tempo che vorrei.
Ma quando ami qualcosa, il tempo lo trovi.
Così, grazie anche alla continua collaborazione con la Scuola del Fumetto di Milano, Costanza e Rainulfo torneranno in libreria, su testi miei e pennelli di Cristian Baldi; ma di questo parleremo un’altra volta. Del numero zero, intitolato Intra Monisterio, ne vennero stampate un migliaio di copie, ed oggi, mi dicono sia davvero introvabile.
Però io a quella storia sono affezionato, forse si è capito, e mi dispiace che a leggerla siano stati così pochi, perciò la rimetto in giro anche se solo in formato digitale.
Arriverà presto qui su Postcardcult.
Potrete leggerla e dirmi la vostra ma… siate clementi, è una roba di tanti anni fa, ero un ragazzotto, e l’opera mi sembrava gigantesca con tutte le sue 24 pagine!
Mentre se siete stati miei studenti a scuola, bene, per una volta potrete essere voi a cazziare me, in cerca degli errori di sceneggiatura!